sabato 25 ottobre 2008

Il segreto è nelle pieghe. Devono essere nette, ben definite.

Racconto di Diletta Fabiani

Dan sudava chino sul tavolino striminzito, le mani troppo grandi impegnate in un lavoro troppo preciso. Tuttavia non desisteva, la punta della lingua all'angolo delle labbra, un'espressione di concentrazione assoluta in volto.
Sollevò la testa, muovendo i muscoli doloranti; in quel bugigattolo puzzolente non c'erano finestre fuori dalle quali guardare, perciò chiuse gli occhi e si abbandonò sulla sedia.
Ancora.
Quella riflessione lo scosse dal suo momentaneo ozio, spingendolo ad aprire gli occhi ed a sfiorare appena il libro aperto: sotto le sue dita la carta era umida, porosa, inadatta.
Ma non riesco a pensare ad un altro modo...
Dan chiuse il libro ed osservò la copertina scolorita, pensando al suo vicino. Una persona che aveva sempre reputato normale e perfettamente inserita nel Sistema, col suo solido impiego agli Uffici Centrali; un individuo cortese che lo salutava ad ogni incontro, dicendo magari due parole sul tempo... quella stessa persona che un giorno aveva bussato alla sua porta con un pacchetto marrone.
<< Mi farebbe un' immensa cortesia? - gli aveva detto con quel suo tono di voce basso e quieto, perfettamente normale – Devo assentarmi per alcuni giorni, potrebbe custodirmi questo? >>
Dan aveva accettato perché era un gesto da buon vicino, di quelli che distinguevano la loro società da quelle caotiche del passato; ma era rimasto pietrificato quando aveva realizzato che il vicino non sarebbe tornato a prendersi il pacchetto, perché era stato giustiziato come terrorista.
Evidentemente quell'individuo era stato un soggetto pericoloso; Dan era ben contento che il Sistema avesse provveduto ad eliminarlo per la sicurezza di tutti. Però...
A me sembrava proprio una brava persona.
Per quel motivo non aveva consegnato subito il pacco alla Polizia. L'aveva fissato da un capo all'altro della cucina per due interi giorni, come se fosse una bestia feroce.
Ma alla fine l'aveva aperto.
Forse lui sapeva che non avrei resistito. Forse l'aveva capito guardandomi negli occhi, mentre mi parlava delle nuvole e del cielo.
Dentro c'era un oggetto che gli era familiare, benché l'informatica l'avesse relegato al ruolo di reperto archeologico; un libro invecchiato dal tempo con una dedica, una veloce linea d'inchiostro.
Prendi: questo libro ti cambierà la vita.
L'aveva girato attonito ed aveva fatto scorrere le pagine, sentendole crepitare sotto le dita mentre si chiedeva
perché?
sapendo che c'era solo un modo per trovare la risposta: leggere.
... e così di ritorno da Hiroshima ci siamo chiesti: cosa possiamo fare per non dimenticare? In classe abbiamo discusso ed abbiamo avuto un'idea. Su un manuale di origami...
Quel libro veniva da uno dei paesi che avevano causato la Terza Guerra con la loro condotta irresponsabile ed il loro ostinato, egoistico nazionalismo. Era sovversivo.
Ma quello che trapelava da quel libro...
... Se la pace significa tacere e piegare la testa, non la voglio. La pace dovrebbe essere un'armonia di suoni diversi, non un silenzio assordante.
Qui e là c'erano delle annotazioni fatte a matita (del suo vicino? Di altre persone?). Tra tutte, una frase aveva catturato la sua attenzione ed aveva preso a risuonargli incessantemente nel cervello come un grido d'allarme.
E SE CI AVESSERO RACCONTATO SOLO BUGIE?
... si dice che moriremo tutti, che ci bombarderanno, che ci sono ancora in giro armi atomiche della Seconda Guerra Mondiale. Ho così paura...
... non avremo mai occasione di vederle volare nel cielo...
Quelle pagine avevano scosso Dan, dentro.
Aveva cominciato a chiederselo mentre camminava, mentre lavorava, mentre tornava a casa in metropolitana ed osservava i volti impassibili degli altri viaggiatori.
E se ci avessero raccontato solo bugie? Sulla guerra, sulle ragioni della guerra, su tutto?
Ma aveva presto capito che non c'era nessuno a cui chiedere, nessuno che avrebbe risposto. E forse, un mondo in cui nessuno sapeva dare quel tipo di risposte o si poneva quel tipo di domande... forse non era un mondo del tutto normale.
Se solo se ne potesse parlare...
Per quel motivo lavorava, notte dopo notte. Proprio una figura stampata su quelle pagine gli avevano dato l'idea.
... abbiamo deciso per le gru, perché sono un antico simbolo di buon augurio. Un augurio che i problemi si possano risolvere parlando, anche urlando, ma senza morire. Le legheremo a dei palloncini e le faremo salire nel cielo, affinché il mondo le veda e pensi prima di agire...
Disperderle nel vento non era la strategia giusta. La gente doveva sapere.
Dan osservò il cesto ai suoi piedi. Ce n'erano già abbastanza per il treno che prendeva ogni mattina, ma voleva farne di più, doveva farne di più, fino a che il libro non fosse finito, fino a che ogni pagina non fosse stata utilizzata.
Con un lieve sorriso sulle labbra si rimise diligentemente al lavoro.
Il segreto è nelle pieghe, lo so. Questa carta non è proprio adatta, ma farò del mio meglio.

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