Alla fine era accaduto. Bocciata. Cioè, in realtà non c'era scritto proprio bocciata. Il suo nome non figurava tra i promossi. Aveva scorso bene la lista, prima tutti i nominativi con la sua iniziale, poi anche gli altri, si sa mai, magari qualcuno di quei luminari del diritto che in cinque minuti scarsi avevano corretto i suoi compiti potevano anche essersi sbagliati. Stette per un po' completamente immobile davanti a quella bacheca dove dei fogli recanti il titolo “esame avvocato 2007- elenco ammessi all'orale” troneggiava spietatamente, lo sguardo perso nel vuoto, la testa bassa e il respiro affannoso. Davanti a sé colleghi praticanti esultanti si muovevano lentamente, quasi come in una di quelle scene al rallenty che si vedono nei film. Che poi lei lo odiava il rallenty, e ecco, se avesse potuto farlo in quel momento avrebbe schiacciato il tasto riavvolgimento automatico e avrebbe spento tutto. Ci pensò lo squillare del telefonino a risvegliarla. “No... non è andata...”. Al che spense il telefonino, lo mise nella valigetta in similpelle regalo di laurea, seppellito proprio sotto a due fascicoli d'ufficio che aveva ritirato quella mattina in cancelleria, e decise di comportarsi esattamente come se non fosse successo niente.
Uscì con passo spedito dal tribunale, salutò una delle guardie giurate che ormai dopo due anni avevano imparato a riconoscerla, e all'incrocio tra Via Garibaldi e Corso Matteotti, sotto un cielo nuvoloso che voleva presagire solo pioggia, inforcò gli occhiali da sole e iniziò a vagare senza una meta precisa, tirando ogni tanto su col naso.
In testa un unico pensiero “in fondo è solo uno stramaledettissimo esame”. Se lo ripeteva ad intervalli regolari di trenta secondi. Era arrabbiata di quella rabbia a cui in quel momento non riusciva a trovare un rimedio. Alla fine il rimedio le si piazzò inaspettatamente proprio lì davanti al muso, in una vecchia libreria del centro. Non quei posti comunemente chiamati librerie giuridiche dove l'unica scelta plausibile è tra un codice annotato con le ultimissime massime in materia civile o un manuale breve di penale in offerta speciale, ma proprio una di quelle librerie dove entri e puoi anche passarci un pomeriggio intero, se solo si avesse del tempo.
E arrivata a quel punto decise di regalarsi del tempo e in subordine pure un libro. Qualcosa da leggersi con calma, qualcosa da ricordare per il semplice gusto di tenerlo in mente.
Vagò per un po' tra gli scaffali dedicati ai classici in edizione scontata del trenta per cento e le ultime novità, lesse veloce qualche trama, ma non ci fu niente che riuscì a cogliere la sua attenzione.
Pensò che forse avrebbe avuto bisogno di un consiglio, anche di un minuscolo suggerimento, di qualcuno che riuscisse a mettersi nella sua testa e a comprenderla fino in fondo in quel momento, di una voce che le si presentasse lì vicino, e le desse una pacca sulle spalla accompagnata da un: “Prendi: questo libro ti cambierà la vita.” Rimase ancora una mezz'oretta in quella libreria dove confusa tra premi strega e ricci molto eleganti alla fine non si comprò proprio niente. “Nahhh...” si disse “ma può un libro cambiarti la vita?... Sarebbe troppo facile, magari ti possono aiutare, ma cambiarla addirittura, no... non credo. ” Fece spallucce, accennò un saluto ad una delle commesse e si avviò all'uscita.
Una volta fuori, si sentiva già meglio, un banale giro in una libreria in quel giovedì pomeriggio di inizio estate le aveva fatto quasi bene. Si tolse gli occhiali da sole, fece un respiro profondo, ne fece un altro, e riprese a camminare, arrancando un po' e con pensieri ancora confusamente indecisi. Però riprese a camminare. Era un inizio.
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