sabato 25 ottobre 2008

Jeremy

Racconto di Jonathan Martinangeli

Io non lo volevo prendere quel libro. Invece Jeremy insisteva con quella sua espressione convinta e ferma, di colui che sa, di colui che ha la verità assoluta in tasca e per un attimo decide di condividerla.
Io non lo volevo prendere quel libro. Così inodore, così incolore, così insignificante ed innocuo.
Dall’ultima volta mi ero sinceramente ripromessa che non avrei mai più letto un libro innocuo in vita mia. La vita non l’avevo ancora venduta ed io mantengo sempre le promesse. Dopo aver gustato la pienezza e la consistenza del tuorlo come puoi tornare all’albume viscido.
Io non lo volevo prendere quel libro. Desideravo avere tra le mani qualcosa di pericoloso, uno strumento imprevedibilmente imprevedibile. Avevo voglia di un mucchio di carta capace di colpirmi direttamente lì alla bocca dello stomaco, dove colpiva mio fratello da piccoli quando litigavamo. Non avrei mai dimenticato quei pugni ed allo stesso modo non avrei voluto mai dimenticare un libro che avevo letto…bè non proprio allo stesso modo.
Certamente, quel bacio furtivo passionale rubato alla ragazza del tuo migliore amico nel bagno della scuola, il fuoco ardente nel rosso dei capelli della tua professoressa di inglese, la lingua ruvida a l’alito fetente del tuo cane alle sette di mattina o lo sguardo commosso e soddisfatto di tua madre il giorno della tua laurea. Neanche questo l’avrei mai dimenticato per fortuna, ma era diverso.
Io non lo volevo prendere quel libro. Non volevo che chissà, magari qualche illustre semi-sconosciuto, che se ne va spasso con una castagna in tasca per prevenire i malanni di quest’autunno umido e frizzante mi consigliasse un libro da leggere. Del resto si sa, i libri non si scelgono. Tu puoi solamente fare una prima selezione in base al colore della copertina, al titolo o alla grandezza, se vuoi allo spessore, all’odore della carta. Se proprio non hai alternative puoi rifugiarti dall’autore che conosci o che hai sentito nominare alla tele come uno che scrive bene. Il prezzo, secondo me, è in assoluto tra le ragioni poco plausibili, la meno fantasiosa delle scuse, in coda alla classifica delle banalità su cui basare la propria scelta.
L’unico fatto certo è che poi, alla fine della fiera, sono i libri a scegliere te.
Io non lo volevo prendere quel libro. Non mi aveva scelto e ne ero sicura al cento per cento. Loro ti chiamano e spesso lo fanno a gran voce, ma stavolta non mi aveva chiamato nessuno punto e basta. Del resto se non li senti non è che si possano affibbiare colpe qua e la, è il destino, è come nascere in un posto invece che in un altro. Ovviamente puoi non ascoltarli se non vuoi averci niente a che fare, bè…quello però è un problema tuo e non è il mio caso.
Io non sentivo nessuna voce, nessuna chiamata, niente squilli, ne sussurri, ne fischi. Niente “ehilà…sono qua sotto tra i suicidi Horby e i Capitani Oltraggiosi di Lansdale”, niente, niente di niente, niente di niente di niente.
C’era solamente lo sguardo di Jeremy a fissarmi, era la filtrato dalla montatura demodè di tartaruga degli occhiali. Odiavo quel tipo di montatura. Quello però si che lo sentivo, lo percepivo e l’avrei percepito anche se fossi stata cieca. Accomodante e sereno mi guardava come un Buddha bello ciccio, lucido e seminudo, che avvolto da un mare denso e arancione di stoffe preziose catechizza e rasserena i suoi fedeli. Potevo quasi sentire l’aroma dell’incenso. Stava catechizzando anche me, così senza parlare, solo con la sua coscienza interiore, quel maledetto e pacato essere luminoso. Tu che tutto sai e tutto vedi, hai scelto me come tua figlia e con me vuoi condividere il segreto della serenità che a quanto pare sembra essere racchiuso in un libro.
Io non lo volevo prendere quel libro. Volevo solamente entrare in questo negozietto tutto polvere e muffa, dall’aspetto decrepito, vagabondare in penombra tra gli scaffali rastrellando la maggior quantità possibile di colonie di batteri ultracentenari col dito medio della mano sinistra e rimanere li sospesa da sola con me stessa. Ma non andò esattamente così. Quando incontrai il caramello familiare del cappotto di Jeremy mi resi subito conto che non avevo idea di cosa mi sarebbe capitato e così fu. Parlammo ed uscimmo dal negozio. Parlammo e camminammo e parlammo. Camminammo e lui mi parlò con tono semplice e leggero ed io ascoltai il mio profeta con attenzione ed umiltà. Poi io parlai e lui mi ascoltò. Camminammo. E parlammo.
Io non lo volevo prendere quel libro. Ma davanti alla vecchia quercia bagnata e quasi spoglia, tra la nebbia e l’odore della terra umida disse: “Prendi: questo libro ti cambierà la vita”.
Io non lo volevo prendere quel libro...
Così lo presi.

Nessun commento: