sabato 25 ottobre 2008

Racconto di Francesca Marchetti

Andava passo lento verso il resto del viaggio che lo attendeva, al deserto che lo circondava e che lo stava per inghiottire come un cornetto inzuppato nella schiuma di un cappuccino (un cappuccino! nel sole cocente, pensava al cappuccino!).
Partito alla ricerca di qualcosa che solo superficialmente poteva essere la ricerca del suo se', come aveva detto a tutti, in realta' era una fuga calcolata per avere conferma di non essere qualcun altro.
Era finito nel deserto, dove il caldo gli appesantiva i pensieri e il sudore glieli scioglieva in nuvole invisibili. Non aveva mai sopportato la fatica fisica, non aveva mai fatto jogging, non si era mai fatto avanti alle proposte (femminili, soprattutto) sulla "passeggiata-perche'-fa-bene" (a cosa? alla coscienza? la mia coscienza sta bene seduta, aveva risposto).
Eppure eccolo la'. Tolte le apparenze, tolta la coscienza e la tuta larga, si avviava solitario fino alla prossima duna e alla prossima oasi dove fermarsi e guardare la gente dall'esterno. Forse dall'esterno ci aveva sempre guardato il mondo, se vogliamo dirla tutta, senza farne parte attiva ma lasciandosi calare nel ruolo del pigro osservatore; quello che sulla Prospettiva guardava ogni vetrina dei negozi solo per sbirciare i tavolini e trascinarsi cosi' fino a casa.
Non c'e' verso di far cambiare l'indole di una persona, si era detto e gli avevano detto, ma saperlo non arrestava 'gli altri' a continue ed obbligatorie paternali su come doveva uscire dalla sua gabbia accidiosa. L'unica sua forma di vita sociale era la frequentazione, assidua, delle adunate di amici per la colazione al bar e l'aperitivo al bar. Sempre lo stesso bar, ovviamente, quello a cento metri da casa. Li' se ne stava ad ascoltare i racconti e le lamentele degli altri, raramente intercalando il suo pensiero, silenziosamente raccogliendo storie e personaggi. Per fortuna ancora lo sopportavano. Una ragazza, nemmeno a pensarlo, non dopo l'ultima, che lo aveva lasciato per un culturista del quartiere piu' a nord.
Giocava in Borsa, ma dal suo portatile da casa. e con le sue doti e il suo intuito, aveva messo da parte una fortuna. Non aveva bisogno di un altro lavoro, solo per occuparsi il tempo. Gli piaceva rischiare e divincolarsi tra azioni e valute, e il resto della giornata o serata lo passava leggendo libri o ascoltando dischi, che acquistava rigorosamente da internet. Le librerie gli mettevano ansia, e i negozi di dischi erano brulicanti di invasati o saccenti, per cui se ne teneva alla larga.
La sabbia che aveva adesso nelle scarpe e che gli pizzicava la pelle lo distrasse per un attimo dalla riflessione su di se'. Una nuvola (vera, questa volta) aveva coperto per un attimo la grande stella, e la sua mente era spontaneamente volata alle immagini della sua vita. Come si sa, la solitudine piu' comunemente considerata estrema (quella in un deserto, appunto) fa riflettere. E' quello che ci si aspetta di fare affrontando in faccia una duna, immobile e silenziosa nel suo letto di granelli.
Aveva montato la sua nuova identita' di esploratore per assicurarsi che quello che era tutti i giorni (un sornione curioso nella sua tana) fosse proprio il suo io, inattaccabile. La missione stava procedendo bene, e non vedeva l'ora di sorprendere le persone che lo aspettavano a casa con queste prove schiaccianti. Non avrebbe cominciato a viaggiare piu' spesso, dopo il suo ritorno, spinto da una voglia insaziabile di stimoli geografici per ovviare al paesaggio di ogni giorno. Avrebbe fatto tutto esattamente come prima, ma aprendo una guida Lonely Planet dedicata al luogo che stava attraversando avrebbe certamente associato nuove immagini e colori, suoni e silenzi, odori e percezioni tattili, nuovi sapori. Niente foto, niente racconti in pubblico, niente "guarda, e' un luogo magico che non ti posso descrivere, sensazioni che non ti posso ripetere, devi per forza andarci". No, no, niente imposizioni di giudizio (come quella volta che lei gli presto' un volume consumato dicendogli "prendi, questo libro ti cambiera' la vita": non era cambiato proprio niente, nella sua).
La nuvola, solitaria anch'essa, era passata oltre proseguendo la sua passeggiata. Si scorgeva gia' l'infuocata visione del villaggio, ancora un po' lontana ma estremamente vicina nella concezione dello spazio in quel continente. L'acqua non stava nemmeno finendo, era proprio a posto, soddisfatto di percepire il suo viaggio cosi' come il desiderio di ritornare nel suo appartamento. I granelli di sabbia erano adesso meno oppressivi, meno compatti, quasi giocosi. sembravano muoversi per un movimento sotterraneo.
Pero' che strano, sentiva come degli aghi conficcati nella caviglia destra, da cui si stava sprigionando un dolore acuto, che sapeva di fuoco ma ghiacciava le membra. Strano, quel torpore che risaliva dalla stessa gamba, fino all'inguine, allo stomaco, no, ora fino ai polmoni...si sta prendendo le braccia...il collo.....non sente piu' le labbra.....ecco.....ma che succede.......

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