sabato 25 ottobre 2008

Sogni di pane

Racconto di Santacchi Serena

Tic, tic, tic, il suono delle gocce che s’infrangevano nella vasca riportò Linda alla realtà.
Ora, dentro la sua testa rimaneva il deserto, lasciato dagli eventi abbattutisi su di lei come un uragano.
Continuava a rimbombare solo una voce nella sua testa, quella del vecchio Morfeo che le ripeteva:<>
Erano trascorsi sette giorni da quando, come tutte le notti, si era fermata come sempre a salutare il suo amico Morfeo alla panetteria.
Erano trascorse sette notti da quando aveva trovato Morfeo in fin di vita trafitto da una spada.
Morfeo il suo confidente di una vita, l’unico che capiva come mai lei lavorasse la notte e rientrasse la mattina presto; Morfeo, a cui non aveva mai dovuto dare spiegazioni, sapeva leggere nel suo sguardo, sapeva scorrere nelle sue vene per arrivare al cuore e leggere quanto la vita ci aveva inciso su con il più potente dei bulini.
L’immagine del corpo consumato da una vita fatta di lavoro e fatica riverso a terra era il ritornello che accompagnava i suoi occhi.
Morfeo era il pane, la crosta dura fuori, la mollica tenera dentro; i capelli canuti come farina, occhi come acqua di un torrente di montagna.
Quando si avvicinò al corpo quasi esanime sentì un potente profumo di lievito, non capiva da dove provenisse, dopo che Morfeo esalò l’ultimo respiro il profumo di lievito svanì, come svanirono intorno a lei i muri, gli attrezzi del mestiere di Morfeo, tutto si dileguò come se non ci fosse mai stato; dove era la piccola bottega che per tanto tempo le aveva offerto rifugio nei momenti peggiori della sua via?
Al posto dell’antico forno a legna rimase solo uno strano leggio che lei non ricordava di aver mai visto. Quello strano oggetto le penetrò nella mente come una lama tagliente, era come una voce assordante che con la forza scaccia ogni altro pensiero dalle orecchie di chi ascolta.
Si insinuò nello stomaco di Linda, agguantò la sua anima per trascinarla verso di sé.
Lasciò Morfeo a terra e come l’altra metà di una calamita andò verso il vecchio leggio.
Si guardò intorno e i suoi occhi, ormai abituati all’oscurità, videro che intorno non c’era più la città ma il Bosco.
Lo aveva riconosciuto subito, era Bosco, il compagno di giochi dell’infanzia, il consolatore dei momenti foschi dell’adolescenza.
Il primo amico che l’aveva abbandonata nella sua vita, il dolore più grande, il senso di vuoto incolmabile, ora era di nuovo intorno a lei e con lui il leggio.
Si avvicinò con passi incerti, non sapeva cosa ci fosse sotto il manto rosso di foglie autunnali.
Sopra il leggio il libro di Morfeo.
Piccolo, rugoso, consunto, con incisa nella copertina una frase che la riportò all’infanzia: <>.
La testa le cominciò a girare e con lei le sembrava che cominciasse a girare tutto, sentiva il suo corpo piroettare con le foglie che le danzavano accanto in armoniosi mulinelli; socchiuse gli occhi per un attimo e quando li riaprì di nuovo era accasciata sul marciapiede con il piccolo libro accanto.
Era sparito Bosco, era sparito Morfeo, la panetteria, ora c’erano solo lei e il libro.
Tornò a casa, era giorno ormai e il sole era alto, erano anni che i suoi raggi non lambivano più la sua pelle, un brivido le corse lungo la schiena, il terrore l’attanagliò, il suo passo si fece sempre più veloce, divenne una corsa forsennata come se fosse inseguita dalle fiere della sua infanzia. Raggiunse la porta, il fiato tornò ad avere un ritmo regolare, aprì l’uscio e non c’era più il suo appartamento ma Bosco e Quercia che con il fruscio dei rami le disse:
<>
<Lo ha invecchiato, distruggendo giorno dopo giorno, la voglia di sognare dei bambini.
Lo ha ucciso sostituendosi nei cuori, con la voglia di potere degli uomini, con le aspettative annientate delle donne.
Il libro, che Morfeo ti ha lasciato, sta diventando ogni giorno più piccolo e sottile perché il genere umano non riesce più ad uscire dalla gabbia in cui Realtà lo ha imprigionato.
Ora tocca a te Linda prendere per mano i bambini e farli sognare, tocca a te distruggere le sbarre d’oro che uomini e donne credono essere ciò che hanno sempre voluto.
Tocca a te Linda ricordargli perché ascoltando il canto degli uccelli sognavano di volare, devi essere te ad insegnare ai bambini che si può vivere di sogni.
Pensaci…tra sette giorni e sette notti deciderai se salvare il mondo come Morfeo a fatto con te o lasciare che tanti bambini crescano nell’aridità dell’anima.>>
Cominciò a piroettare come una ballerina di carillon, con lei le foglie del bosco, chiuse gli occhi e quando li riaprì era a casa sua, ogni cosa era di nuovo a posto come l’aveva lasciata lei la notte precedente.
Erano trascorsi sette giorni e sette notti, non sapeva se ci sarebbe riuscita ma avrebbe cominciato provando a salvare i sogni della piccola Tonia.

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