sabato 25 ottobre 2008

Racconto di Marialetizia Dipalma

Due ore, due ore dopo le dodici.
Silenzio tutt'intorno. Nell'aria calda solo qualche coraggiosa cicala ad interrompere la quiete pomeridiana.
Due ore, due ore dopo le dodici.
Per strada solo l'ansimare d'un cane – canemezzo il suo nome-, qualche foglia danzante con il vento, una vecchia che s'affretta a raccogliere i panni stesi – quando il cucuzzolo si ricopre di nuvole è segno che il temporale è vicino – ed in lontananza, dalla vecchia osteria in fondo al vicolo, lo sferraglio di posateria degli ultimi ritardatari.
Due ore, due ore dopo le dodici.
Cicaleggia l'aria e il cielo par quasi rispondergli, accennando timido qualche tuono. Per strada il canemezzo, le foglie, la vecchia che tira via i panni, il cielo gonfio ed un uomo.
Un uomo. Per terra una valigia di pelle cremisi.
E' sceso da una corriera mezza sgangherata e fumosa due ore, due ore dopo le dodici.
Che poi, cosa ci facesse quell'uomo a quell'ora d'un pomeriggio di luglio caldo e tuoneggiante in mezzo alla strada con una valigia di pelle cremisi è lunga e misteriosa cosa da dirsi, affascinante quanto la vita che ti sorprende nelle sue pieghe nascoste ed inaspettate, doloroso come il malanimo che serpeggia talvolta nelle ossa, lieve come l'amara dolcezza del ricordo.
Ma torniamo all'uomo.Lui è ancora li.
Fermo ed immobile in mezzo alla strada calda. Una maglietta di lino bianca, un pantalone beige, ha le scarpe vecchie ed lo sguardo azzurro del cielo. Cinquant' anni forse. Portati male dico io.
Si guarda intorno, cerca con lo sguardo qualcosa di familiare ma si sente straniero come chi torna dopo tanto tempo, come chi lontano da tutto e da tutti non ritrova più nulla di se stesso nelle cose vissute da fanciullo. Le case, le strade tutto sembra strano ora che lui è tornato, anche il temporale che sta arrivando, - aveva ragione il vecchio detto – anche il temporale non sembra più lo stesso di quando bambino, gli occhi appoggiati al davanzale, ne temeva ed invocava l'arrivo.
Insomma quell'uomo è lontano ed è perso e mentre cerca un sasso, una foglia, una qualsiasi cosa a cui aggrappare il ricordo, d'improvviso si volta e incontra lo sguardo furbo e sornione del cane che attratto da quella roba cremisi abbandonata per terra ha appena pisciato sulla valigia.
L'uomo lo guarda. Non gli importa se il cane ha fatto quello che ha fatto. Lui si sente perso e non sa che fare. Sembra pentito di essere sceso da quella corriera due ore dopo le dodici.
Ma ora sono le tre ed il vecchio campanile suona... Don don don ... e l'uomo ha un sussulto ..
“allora- pensa- qualcosa c'è ancora, qualcosa è ancora immobile come lo era prima, qualcosa è rimasto in questo posto a ricordarmi di me”. Preso da questo momento di commozione, incurante della valigia mezza pisciata dal cane, s'incammina ed un moto del cuore lo sospinge verso la donna che lo attende dall'altra parte della strada.
E' giovane la donna ed è bella. Ha lunghi capelli neri, lucenti come velluto e gli occhi scuri come pozzi artesiani. Ve la dovete immaginare questa donna, è come una statua, altera e umile nello stesso tempo con un vestito leggero mosso dal vento portato da quell'uomo triste, un po' vecchio, con la valigia di pelle cremisi.
I due si guardano e nulla si dicono se non dirsi tutto nel silenzio assordante di quel pomeriggio. Sono parole silenziose che escono dagli occhi , emozioni raggrumate dal tempo, sedimentate dai 10 lunghi anni di lontananza che li hanno separati.
Sono vicini l'uomo e la donna e mentre la pioggia comincia a bagnare l'asfalto bollente ed il canemezzo cerca rifugio tra i tavolini di plastica accatastati in un angolo, s'abbracciano per lunghi istanti, raccontandosi nelle carezze sul viso quello che non potrebbero dire in altro modo, e l'abbraccio è insieme passione e perdono, un balsamo che addolcisce i “perchè te ne sei andato, io ti ho aspettato tutto questo tempo ti credevo morto ti odio ti odio ” ed altera lo spazio, il tempo, la pioggia che ora scende come cascata, il cielo diventato nero come pece, le campane che suonano incessanti, i mille occhi nascosti alle finestre - ce ne sono sempre in tutti i paesi quando scende un uomo da una corriera – l'odore acre delle foglie di platano bagnate dalla pioggia.
Il tempo non esiste più. Il canemezzo è scomparso, tutto ora è fermo di nuovo.
L'uomo si scosta dalla donna, si china per terra, apre la valigia color cremisi.
Ne estrae un libro, pieno di segni, ingiallito come le dita delle sue mani che puzzano di nicotina, lo prende e lo porge alla donna.
“Prendi: questo libro ti cambierà la vita”
Poi s'incammina verso il vicolo in salita. Va a casa l'uomo.
La donna guarda il libro. Se lo porta al seno, come una madre un figlio. Ne tocca il dorso e poi con un leggero sguardo voluttuoso ne legge il titolo:
“Due ore dopo le dodici.”
E d'improvviso la vita torna a muoversi suonano le campane, s'aprono le finestre, cessa di piovere e un timido sole illumina il canemezzo che scondinzolando annusa l'angolo della strada.

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